Marradi Alberto (2003). Il ruolo della conoscenza tacita nella vita quotidiana e nella scienza. In Francesco Lazzari e Alberto Merler (a cura di), La sociologia della solidarietà. Scritti in onore di Giuliano Giorio. Milano: Franco Angeli: 321-36.
Inizio questa trattazione sottoponendo all’attenzione del lettore alcune aree e forme di intervento della conoscenza tacita, intendendo con questa espressione sintetica tutto quel patrimonio di conoscenze che la mente umana possiede e usa per guidare azioni e comportamenti, ma che non è in grado di esplicitare, oppure può esplicitare — come si diceva sopra — con grande sforzo, in occasioni molto particolari, e comunque in modo nebuloso e parziale.
a) Sulla base di innumerevoli minute informazioni che abbiamo inconsapevolmente registrato e accumulato, riconosciamo un referente (la mia scrivania / la bicicletta di Pierino / Zia Luisa / il signore che sale sempre sull’autobus in piazza Mazzini) come lo stesso referente che abbiamo già concettualizzato in precedenza. Richiesti di dire cos’ha di particolare (nel viso, portamento, abbigliamento, etc.) quel signore che prende l’autobus, saremmo probabilmente in grado, con qualche sforzo, di rievocarne alcuni tratti; ma certo non sufficienti a permettere a un terzo di individuarlo fra mille altri solo sulla base delle informazioni che gli abbiamo comunicato. Lo stesso vale per Zia Luisa, la mia scrivania, la bicicletta di Pierino.
b) Identifichiamo uno specifico referente come membro di una classe o di un tipo che abbiamo già costituito (è una scrivania / una bicicletta / un volto umano / una voce di donna / una canzone rock / una crisi nervosa). Questa attribuzione di un referente a una classe, che compiamo quasi sempre senza accorgercene, è stata chiamata «induzione intuitiva» da Aristotele ( Analitici secondi,II.19), «categorizzazione» dagli psicologi cognitivisti, e «tipizzazione» da Schutz (1932; 1959; cfr. anche Husserl 1939), che sottolinea la sua funzione essenziale nell’immettere un qualche ordine nel caos delle percezioni e consentire l’interazione sociale. Wittgenstein intende sostanzialmente questo con la sua nota formula «vedere come qualcosa» (sehen als etwas).